sabato 13 dicembre 2014

Il corpo femminile




E poi ?
Poi segui il passo delle vertebre,
cedi al cedere
Respira la vertigine che apre e conclude
Anello dopo anello
passo dopo passo
Sii Fuoco
Sii donna



Estratto:

E' un percorso lungo, affascinante, impervio, quello per ritrovare la verità ontologica del corpo femminile. Molti incontri sbagliati, molti tentativi di proteggersi o di cercare qualcuno che sia all'altezza di custodire la profondità, molti baratti. E' un percorso ad ostacoli, pericoloso, perché ciò che è in gioco è la propria essenza che facilmente può confondersi, ritirarsi ancora più in fondo nel tentativo di ripararsi dal fraintendimento. Il malinteso riguarda l'accordo con l'altro polo, il maschile. Si cerca la realizzazione di un desiderio su basi alterate, su necessità non fondanti. Perché quello che ci dimostra il cammino che comprende il desiderare, è che l'uomo è l'alleato indispensabile. E' una crescita che necessità del suo opposto per trovare verità e compimento. Ben vengano gli incontri tra donne, l'esplorazione di genere, ma solo se sono vissuti come passaggio per rinforzare l'autenticità, solo se sono premesse del dono di sé. Dono che non può essere fatto al primo venuto, a chi ha più potere sociale, a chi dice di proteggere senza conoscere la profondità del desiderare e il suo significato intrinseco. Il dono all'altro è la ricerca di un'intera esistenza, accade quando qualcosa dentro si è riunito al cielo, quando non si desidera più “andare verso,” perché ciò che presiede all'origine della vita, splende nel nostro spazio interiore. Non importa che io sia uomo o donna, ciò che brilla oltrepassa il genere e la forma. Dunque il corpo femminile è lo spazio stesso della vita, dimostrazione immediata di ciò che è essenziale, che si manifesta attraverso ciò che è naturale, banale, ordinario, non esaltato. L'esaltazione del corpo femminile di questi tempi, è infatti l'esatta manifestazione del contrario. Avviluppare in un concetto ciò che è materia viva, trasformare in un obbiettivo ciò che ne è privo, desiderare e ritrovarsi vuoti, senza luce, senza vita interiore. Eppure nel lungo cammino verso sé stessi anche questi passaggi che lasciano delusi sono indispensabili, sono parte del ricongiungimento.

giovedì 4 settembre 2014



Il campo morfogenetico nella sua essenza.








L'amore è un mare senza sponde

Hafiz


Ricongiungersi al campo morfogenetico significa ritrovare il mare ed il suo continuo movimento.  Accade per gradi. Prima guardo l'immensa distesa d'acqua, la noto, non guardo più altrove, poi sento il rumore delle onde, l'ascolto. Percependo il mare riesco a sentire il rumore delle storie passate. Non faccio nulla. Accolgo l'andirivieni del passato, lascio che si mescoli al suono del mare. Lascio fare. Senza che me ne accorga prima o poi l'acqua mi sfiora i piedi. È una carezza irresistibile, delicatamente mi lascio bagnare, lentamente entro nel mare. Piano, piano, mi fido, mi arrendo, entro nel movimento. Passo dopo passo, acqua dopo acqua, imparo a nuotare, ad essere una sola cosa con il mare. Fino a quando mi accorgo, in un attimo banale e pieno di tutta la vita possibile, che sto vivendo senza sponde.








lunedì 18 agosto 2014






FORMAZIONE IN COSTELLAZIONI FAMILIARI







Tutte le date e le informazioni nella pagina dedicata alla formazione









mercoledì 9 luglio 2014

Oltremodo scomodo





Lavoro con le persone da più di vent'anni, ho una laurea ed un master post universitario, mi confronto costantemente con i miei colleghi per evitare un approccio professionale auto-referenziale, sono docente d'alta formazione, affino le tecniche che applico giorno dopo giorno, eppure ho la convinzione profonda che tutto questo sapere sia uno specchietto per le allodole perché ciò che permette la svolta ha poco a che fare con l'approccio tecnico-psicologico. So che quanto sto per scrivere irriterà più di un collega, ma sento necessario per me stessa e per chi mi contatta per motivi professionali, spiegare il più chiaramente possibile ciò che sopra ho accennato. Credo che nella crescita umana ci siano diversi stadi:

  • l'anestesia emozionale e di pensiero
  • l'accorgersi che qualcosa non va
  • il cercare di comprendere cosa sta accadendo
  • Il rendersi conto che capire non salva dall'impatto con le emozioni
  • il franare





Non voglio parlare dei primi stadi, chiunque stia cercando di fare qualcosa per sé stesso e per la propria vita, da solo o con l'aiuto di qualcuno, sa di cosa sto parlando. Mi vorrei concentrare sul “franare.” Esiste un momento nei tanti percorsi di crescita, in cui ci accorgiamo che la tecnica non funziona più, che l'analisi che mi ha fatto comprendere come agisco diventa una struttura priva di senso, in cui l'emozione insopportabile che mi ha portato nel percorso è di nuovo tra le mie mani, esattamente come all'inizio del cammino. Sono istanti preziosi, in cui un sano dubbio s'insinua nella necessità di risolvere. Cosa sta veramente accadendo? Qual'è il punto di cambiamento? E' la tecnica che non funziona più, oppure è qualcos'altro? E' un momento capitale, uno dei più preziosi. La struttura psicologica è come il tronco di un albero, può subire piccole modificazioni, ma un albero non può diventare un filo d'erba. Fino alla fine dei nostri giorni saremo esattamente quell'albero, con quelle precise caratteristiche, l'evidenza delle cose può farmi  integrare la banalità del reale: non posso più nulla, né contro, né per me stesso. La guarigione s'insinua quando finalmente lascio andare ogni pretesa su come sono e chi sono, quando ho esplorato così tanto il mio paradigma psico-emotivo da comprendere che non né uscirò mai. L'analisi è senza fine, la tecnica, anche la più avanzata, riporta in luce lo stesso punto iniziale. Di fronte a tale sconcerto ecco che forse avrò finalmente il coraggio e la possibilità di essere in faccia all'emozione da cui si sta fuggendo, la lascerò finalmente respirare, esprimersi, le permetterò di condurmi all'integrazione della mia umanità. Sono ciò che sono, senza più alcun impulso di modificazione, nascondimento, miglioramento. L'adesione alla mia umanità conduce a “franare.”

Se io non posso nulla per me stesso, allora forse è il caso di mettere da parte la piccola volontà ed accorgermi che qualcos'altro sta agendo, qualcosa che non so definire, né con le emozioni, né con le parole. E' una vibrazione che si manifesta delicatamente nel sentire, un senso di pace, di gioia, di libertà. Dove termina la mia volontà, inizia uno spazio vitale in cui abbandonarmi al mistero che mi fa essere esattamente come sono. Guardando indietro comprendo che ogni avvenimento della mia vita è stato funzionale al cedere, al ritornare “stupidi,” cioè senza necessità di dare spiegazioni illuminanti sui fatti della mia e altrui vita. Non ho più bisogno di comprendere, perché inizio a risuonare con ciò che accade e con gli altri e questo è infinitamente più piacevole e creativo.Dunque, ritornando alla mia professione, posso dire con tranquillità che ho sufficiente esperienza per usare le tecniche che mi vengono richieste con precisione e competenza, ma se mi contattate sappiate che non sarà questo il motore del percorso e non perché io abbia qualche elemento geniale da proporre, ma perché c'è sempre sufficiente spazio vuoto per sentire ciò che si è, per rischiare di essere in comunicazione senza letture psicologiche e questo, a volte, è oltremodo scomodo ed insopportabile.

lunedì 23 giugno 2014


Il corpo femminile




E poi ?
Poi segui il passo delle vertebre,
cedi al cedere
Respira la vertigine che apre e conclude
Anello dopo anello
passo dopo passo
Sii Fuoco
Sii donna



Estratto mia conferenza:

E' un percorso lungo, affascinante, impervio, quello per ritrovare la verità ontologica del corpo femminile. Molti incontri sbagliati, molti tentativi di proteggersi o di cercare qualcuno che sia all'altezza di custodire la profondità, molti baratti. E' un percorso ad ostacoli, pericoloso, perché ciò che è in gioco è la propria essenza che facilmente può confondersi, ritirarsi ancora più in fondo nel tentativo di ripararsi dal fraintendimento. Il malinteso riguarda l'accordo con l'altro polo, il maschile. Si cerca la realizzazione di un desiderio su basi alterate, su necessità non fondanti. Perché quello che ci dimostra il cammino che comprende il desiderare, è che l'uomo è l'alleato indispensabile. E' una crescita che necessità del suo opposto per trovare verità e compimento. Ben vengano gli incontri tra donne, l'esplorazione di genere, ma solo se sono vissuti come passaggio per rinforzare l'autenticità, solo se sono premesse del dono di sé. Dono che non può essere fatto al primo venuto, a chi ha più potere sociale, a chi dice di proteggere senza conoscere la profondità del desiderare e il suo significato intrinseco. Il dono all'altro è la ricerca di un'intera esistenza, accade quando qualcosa dentro si è riunito al cielo, quando non si desidera più “andare verso,” perché ciò che presiede all'origine della vita, splende nel nostro spazio interiore. Non importa che io sia uomo o donna, ciò che brilla oltrepassa il genere e la forma. Dunque il corpo femminile è lo spazio stesso della vita, dimostrazione immediata di ciò che è essenziale, che si manifesta attraverso ciò che è naturale, banale, ordinario, non esaltato. L'esaltazione del corpo femminile di questi tempi, è infatti l'esatta manifestazione del contrario. Avviluppare in un concetto ciò che è materia viva, trasformare in un obbiettivo ciò che ne è privo, desiderare e ritrovarsi vuoti, senza luce, senza vita interiore. Eppure nel lungo cammino verso sé stessi anche questi passaggi che lasciano delusi sono indispensabili, sono parte del ricongiungimento.

lunedì 7 aprile 2014

ADERIRE









A volte capita d'incontrare faccia a faccia qualcuno, a volte questo qualcuno è uno sconosciuto, eppure la profondità dell'incontro oltrepassa qualsiasi standard di sicurezza ponendoci in uno stato d'improvvisa vulnerabilità. Si potrebbe dire che ci s'incontra " pancia a pancia," eventualità che mette in difficoltà le convenzioni sociali a cui siamo abituati. Incontrarsi "pancia a pancia" mina trasversalmente la distanza considerata giusta tra me  e gli altri. D'un tratto i ruoli esplodono, l'imbarazzo dell'intimità si sbriciola nella discesa verso la vulnerabilità che condivido con l'altro, altro che non ho mai visto, ma che all'improvviso condivide ciò che ho di più essenziale. Di fronte a queste situazioni spesso accadono catastrofi annunciate, ma in qualche raro caso una sorta di grazia conduce verso una trasformazione. L'incontro diventa il viaggio dell'essenziale che risale in superficie, ad ogni passaggio saltano le abitudini messe a protezione dell'incontro, le due identità diventano sconosciute, l'altro e me stesso. Già, perché ciò che è vitale è l'inaspettata scoperta di un luogo misterioso che si condivide all'improvviso senza averlo scelto, uno spazio in cui si è ontologicamente uniti all'altro prima ancora di conoscerlo. E' il più rischioso degli incontri, niente a che vedere con i giochini tanto in voga tra gli erotomani finto - audaci, in questi tempi di anestesia emozionale la nudità dell'essere è il più potente ed il più rischioso degli appuntamenti. Il massimo della tenerezza ed il minimo di rassicurazione. In queste situazioni c'è chi fugge a gambe levate non appena scopre che l'altro ha qualche caratteristica difficile ( è fidanzato, è povero, non è giovane come appare, ha un cattivo carattere, ecc..). In altri casi ci si butta a capofitto in quest'incontro distruggendo le caratteristiche che impediscono di procedere ( è fidanzato, è povero, non è giovane come sembra, ha un cattivo carattere, ecc..). Entrambe le attitudini sono destinate a fallire, poche persone riescono a comprendere ciò che è veramente in gioco e ancora meno accettano di restare esattamente dove sono: nella nudità dell'essere. Là, può nascere un occasione rara quanto difficile: l'adesione ad ogni emozione, ad ogni verità, che si nutre e si libera grazie alla relazione che si priva dei suoi stessi filtri. Ontologicamente uniti.  Scoprirlo è una stranezza imbarazzante per il vivere corrente. Nella nudità unica si polverizzano convenzioni sociali elette a barriera dell'unione stessa, unione che in realtà c'è sempre anche se non ce ne accorgiamo o fingiamo di non accorgercene. Se comprendo davvero l'incontro, se lascio guidare ciò che è autenticamente spontaneo, ne uscirò cambiato, probabilmente molto più libero. Osando corro il rischio di diventare una persona che aderisce alle cose della vita per come sono, senza protezioni. Posso permettermi il lusso di non avere paura degli eventi, qualsiasi essi siano. Incontri così sono il più difficile e ed il più vitale dei traning emozionali. L'assenza di paura è la forma più profonda di libertà e la libertà è la qualità essenziale dell'amore. Nella nudità dell'essere è l'amore il regista, il conduttore e l'esecutore, un amore senza filtri.. Certamente tale visione fa paura soprattutto per un motivo che si può sintetizzare in una domanda:  la vita di coppia che posto ha in tutto questo?  La risposta è semplice. La vita a due contiene diversi gradi d'amore, più  è profondo, più c'è libertà, libertà da se stessi e dalle proprie paure. Nel grande gioco umano degli incontri la coppia è solo una delle possibilità, l'amore, pur di trovare sé stesso, oltrepassa anche questa convenzione, nello stesso tempo non la esclude. E' una scelta personale, assolutamente non giudicabile vivere in un modo o in un altro, amore e stabilità sono valori uguali, l'essenziale è ovunque, ciò che fa la differenza è accorgersene. Ciò che è reale  e liberante è seguire la propria natura, ci sarà allora chi correrà sulla lama di un coltello perché è nato per quello e chi starà bene nella ripetizione dei giorni e delle cose, ed anche chi avrà la sfrontata fortuna di aver osato così tanto da potersi sentire bene sia nella stabilità che nell'esistere estremo e senza sponde. Nessuno può giudicare la vita di un altro, ognuno fa quello che può con se stesso e con la propria esistenza. E allora qual'è il senso di questa scrittura? E' quello di far luce su un modo raro di vivere in un epoca in cui la massificazione dei sentimenti e delle emozioni toglie peso al vivere in coscienza l'altro e sé stessi. Non c'é niente da apprendere da chi si lascia toccare da uno sconosciuto, da chi accetta d'abbandonarsi ad un viaggio folgorante e pericoloso, egli non ha scelta, è la sua natura che si rivela, che cerca  la strada per esistere liberamente nel mondo, ma è importante sottolineare che è un viaggio che avviene in piena coscienza, questa è la sua forza. L'importante è leggere ed aderire, lasciarsi fare da ciò che c'è dietro la scrittura, che racconta di un mondo dove più realtà possono coesistere, dove è possibile allargare il proprio essere perché qualcosa ha oltrepassato il giudizio. Stare, aderire, esistere, oltrepassare il limite, qualunque esso sia. Essere liberi di sentire, liberi di essere. Scoprirsi in piena sicurezza grazie a ciò che è totalmente sconosciuto.

martedì 14 gennaio 2014

Un esperimento interessante

Scritto da 8 gennaio 2014 

Ansie e paure in eredità: l’impronta genetica di eventi traumatici

immagine da web
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Insieme alla bocca della mamma, gli occhi del papà e il cipiglio dello zio, ereditiamo anche i loro tormenti, le questioni irrisolte e l’eco dei traumi che hanno subito molto prima che noi venissimo al mondo: gli antenati condizionano le nostre scelte di vita, il nostro comportamento e la qualità delle nostre paure. Gli psicologi lo dicono da tempo, sulla base di dati clinici. Ora arrivano riscontri anche da studi nel campo dell’epigenetica.
Alcune informazioni ambientali, infatti, si fisserebbero nel Dna, trasmettendosi alla prole. Le esperienze traumatiche, in particolare, potrebbero lasciare un’impronta genetica che si tramanda ai discendenti, per almeno due generazioni. Perlomeno, questo sembra accadere nei topi, a quanto risulta da uno studio della Emory University di Atlanta pubblicato sulla rivista Nature Neuroscience
immagine da web
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I due autori dello studio (B.G. Dias e K.J. Ressler) hanno addestrato un gruppo di topi a temere un certo odore, associandolo a una sensazione di dolore provocata da una debole scarica elettrica. La reazione allo stimolo odoroso sembra trasmettersi per via genetica ai discendenti dei topi addestrati: i giovani animali, infatti, pur non avendo mai provato sulla propria pelle la scarica elettrica associata allo stimolo olfattivo, reagiscono sussultando come facevano i loro avi.
Secondo gli studiosi, lo stesso meccanismo di trasmissione potrebbe forse verificarsi negli esseri umani, spiegando geneticamente la predisposizione di alcuni soggetti a disturbi come l’ansia e le dipendenze.
Questi dati hanno suscitato entusiasmi e dissensi nella comunità scientifica, che in parte è scettica circa la possibilità di passaggi transgenerazionali di tal genere, almeno finché non saranno dimostrati con più precisione. Infatti, non si sa ancora come esattamente avvenga la trasmissione, né per quante generazioni le alterazioni restino attive, influenzando il comportamento dei discendenti. Insomma, è ancora tutto da provare.
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Nonostante l’incertezza che circonda questi argomenti, è affascinante accostarli agli studi di psicogenealogia, che spiegano il comportamento individuale, e anche alcune malattie, in rapporto all’insieme delle storie, alle vicende e alle patologie degli antenati (genosociogramma). Ripetizioni di eventi importanti, traiettorie di vita e malattie vengono esaminate attraverso le generazioni, svelando i condizionamenti del passato sul presente.
Ecco un esempio chiaro, citato dalla fondatrice di questo metodo psicologico, Anne Ancelin Schützenberger, che riecheggia, in termini psicogenealogici, l’esperimento con i topi di Dias e Ressler:
“Avverto il calore sul mio corpo, anche se si tratta di acqua appena tiepida, come una scottatura insopportabile. Perché? La chiave si può trovare nella mia storia familiare. Mio padre aveva una sorellina molto più piccola di lui. E a questa bambina è capitata una cosa atroce. Un giorno, è entrata carponi in cucina e ha aperto il rubinetto del bagnomaria. L’ustione ne ha causato la morte (…). E’ stato un tale shock, un tale dramma familiare, che mi è stato trasmesso come se vi avessi assistito. A me, dunque, l’acqua tiepida che scorre sulla pelle procura una sensazione di bruciore mortale. E’ più forte di me” (Esercizi pratici di psicogenealogia, Roma 2012).
C’è ancora tanto da capire e da dimostrare, perlomeno nel campo della trasmissione genetica dei dati ambientali. I nostri parenti possono anche averci trasmesso le loro ansie e i loro traumi: la psicologia però ci dice che, lavorando sul nostro albero genealogico e sulle esperienze degli antenati, possiamo migliorare le nostre vite e trasformare l’eredità familiare in una ricchezza, capace di rifondare positivamente la nostra identità.

sabato 4 gennaio 2014

Il primo avvenimento traumatico




Se vuoi metterti in sicurezza sii vulnerabile.


Ci sono avvenimenti della vita che rompono le protezioni che ci siamo costruiti, improvvisamente la nostra zona di benessere subisce una trasformazione. Qualcosa di nuovo ed imprevisto ci costringe ad un cambiamento, se la velocità con cui ciò accadde è molto forte, ci può essere uno shock. Quando vengo in contatto attraverso il mio lavoro o attraverso delle esperienze personali con la forza di tali avvenimenti, c'è qualcosa in me che ammutolisce. E' molto facile trovare delle ipotetiche cause di un fatto, o decidere qual'è la maniera più corretta di reagire, ma ciò che ammutolisce non si situa a quel livello. Spesso il silenzio è necessario per permettere di riconoscere la forza in atto, trovare delle spiegazioni o delle soluzioni è possibile, ma non è fondamentale. Comprendere la priorità del silenzio interiore è essenziale per chi fa il mio mestiere, è infatti importante comprendere che si può essere veramente presenti nel setting relazionale solo se si accetta di ascoltare piuttosto che di "re-agire". Quando parlo di ascolto mi riferisco precisamente ad un silenzio attento in cui i sensi sorpassano i pensieri. Usando una metafora  potremmo paragonare il fatto imprevisto alla frattura di un guscio che fino a quel momento ci ha protetto. Potremmo parlare di uovo e di pulcino e in definitiva la domanda è: cos'è quella forza che fa si che il pulcino si metta a beccare il guscio? Non è forse quel movimento del becco il primo dei movimenti traumatici? Chi dà l'impulso al pulcino? Come può avere la forza di creare egli stesso la sua totale insicurezza? In fondo nell'uovo non si sta poi così male, perché complicarsi la vita? Ritengo che ogni avvenimento che accade nell'esistenza sia una specie di frattura del guscio, poco importa che sia il pulcino a rompere l'uovo o che accada in altro modo, la forza in atto è la stessa. Di fronte all'uovo in frantumi possiamo disperarci e cercare in tutti i modi di ricomporre il guscio, oppure possiamo fare silenzio ed ascoltare la spinta che ha permesso al pulcino di usare per la prima volta il becco, quella forza siamo noi e lo si può riconoscere diventando profondamente silenziosi, ammutolendo.  E' attraverso questa sorta di denso silenzio  che affiora ciò di cui l'altro ha davvero bisogno ed é in questa relazione basata sull'essenziale che il mestiere di counselor acquista tutto il suo valore. In definitiva, affrontare gli imprevisti in questo modo è piuttosto radicale, ma ad un certo punto ci si rende conto che tutte le soluzioni di un problema non ci liberano dalla paura fondamentale perché “risolvere”, sebbene necessario, non ci mette in sicurezza definitivamente. La paura di un nuovo imprevisto sarà infatti sempre presente e si manifesterà come ansia e sensazione di minaccia. Cominciare a prendere confidenza con la forza primordiale che ci abita, che non è separata dall'avvenimento imprevisto, è drastico e liberatorio. L'imprevisto disagevole e la forza originaria sono due facce della stessa medaglia e l'imperfezione del guscio ci racconta che la sicurezza è possibile solo quando accettiamo di essere vulnerabili, persone abitate dall'esistenza che sono tutt'uno con il guscio imperfetto e ammutoliscono di fronte alla frattura vitale.