" C'è un altro mondo ed è in questo" P. Eluard
foto di jean Bouchart d'orval
foto di jean Bouchart d'orval
Piove,
eppure è primavera, lo dice l'ora legale che porta più luce alle
giornate falso-novembrine. Fa freddo, tuttavia nei momenti di tregua
fa capolino un sole tiepido che fa restare a maniche corte. Lo dicono
i profumi, c'è odore di miele nell'aria, non è così a fine
novembre, in quel mese solo odore di crisantemi, che poi non hanno alcun
profumo, e il colore arancione delle zucche. A volte nella vita ci si
sente così: si è ad aprile, ma intorno sembra inverno e si
comincia a credere che il grigio sia il solo colore esistente,
l'unico concesso dal mistero del tempo. I cappotti restano sull'attaccapanni, gli ombrelli sulle porte d'entrata e si vaga storditi
tra improvvise gemme che confondono i mesi e le percezioni. Questa
primavera bizzarra mi fa pensare a certi passaggi provocati dalle
costellazioni familiari o da altri percorsi, in cui tutto è pronto,
ma apparentemente nulla si muove. Mi chiedo se questa “pigrizia
della coscienza” non sia a volte una forma di protezione perché noi, a differenza della terra che sboccia sempre e comunque, abbiamo
un'atavico terrore della pienezza e dello splendore, alla pari dei
misteri atmosferici, creiamo nuvole in pieno maggio. Non lo so perché ad aprile continua a fare freddo e qualsiasi spiegazione
meterologica non farà uscire il sole, ma intuisco quell'altra
paura, quella che fa indietreggiare di fronte al troppo, troppo
bello, troppo buono. Il “troppo” è la paura fondamentale
dell'essere umano, essere più di ciò che si è, o forse essere
semplicemente ciò che si è, facendo cadere petali invece che
grandine.
Si
resta un po' addormentati, come il mercurio del termometro che non
sale più di tanto, si è come fiori che tentennano attraverso la
gemma. Siamo petali nel bocciolo protetti dalla primavera che siamo.
Chi lo sa se il fiore prova dolore quando sboccia. Me lo sono sempre
chiesto. Sembra facile essere una rosa quando i petali sono già
aperti, ma che ne sappiamo noi veramente di cosa vive un fiore
nel suo diventare primavera? Dove terminano
i petali? Forse anche il calice che l'ha riparato è essenziale ? La
protezione del fiore assomiglia alle nuvole d'aprile. Sono in risonanza
con gli elementi naturali, provo empatia con la bizzarria del tempo, c'è
compassione per il fiore nel calice. Non credo che nessuna analisi
possa risolvere la sostanza della natura grigia,
eppure a volte le cose sono molto, molto, semplici. Si può vagare
nella pioggia che non smette, farsi mille domande sul processo dei
petali, oppure affidarsi alla mutazione del fiore, intuendo che
forze più grandi stanno agendo e concorrendo alla sbocciare naturale
di chi sono. C'è una risata che arriva, perché il 21 marzo è
passato da un pezzo ed abbiamo ancora il maglione di lana, e allora si ride perché le cose più grandi non dipendono dalle date umane, l'unica
cosa certa è che la primavera arriva sempre, è inevitabile.
PS:"I limiti del nostro successo dipendono dal movimento della coscienza che ci spinge ad avere di meno invece che di più: più successo, più felicità. Questo significa in cuor nostro che se abbiamo meno successo sentiamo di avere la coscienza pulita, mentre se abbiamo successo, sopratutto se ne abbiamo molto, sotto sotto sentiamo di avere la coscienza sporca."
Bert Hellinger
Merci pour cette page "perce neige" sous le regard malicieux du petit chat.
RispondiElimina:-)
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