lunedì 2 novembre 2015

COMPASSIONE






La nostra follia prima o poi appare. Possiamo ignorarla e coprirla con un pavimento tirato a lucido, oppure possiamo innamorarci del nostro ambiguo buio, dirgli “si” e sperimentare la profondità e la potenza della compassione. Personalmente non ho mai visto una persona ritrovare la gioia di vivere attraverso l’analisi della patologia propria o altrui. L’analisi, per quanto precisa, è un sollievo momentaneo. Ciò che nella mia esperienza risolve, è il lasciarsi toccare dal dolore che si risveglia grazie all’evidenza d’aver ferito, poco importa se un altro o noi stessi, è la stessa cosa. La parola compassione significa letteralmente “comunanza di dolore, “ ovvero entrare in una comunione intima e radicale con un dolore “senza condizioni” che conduce all’intimità più profonda e autentica che possa esistere con un altro essere umano.



martedì 7 aprile 2015

LA POESIA DELLE COSTELLAZIONI



In una visione poetica ecco cosa accade durante una costellazione familiare: i ventilatori sono i partecipanti, uno dei due foulard è la persona che ha posto la questione,  l'altra è il cuore delle cose. Il facilitatore è nello stesso tempo uno dei due foulard e l'assenza più neutra possibile. Il risultato complessivo dato da ogni elemento, ventilatori compresi,  è ciò che hellingher definisce "movimento dello spirito."











venerdì 23 gennaio 2015

LA BELLEZZA È GRATIS





 La vita rimette in ordine la vita,

tutto il resto sono tentativi fantasiosi.




Ciò che ci accade di difficile è in unione amorosa con la bellezza, ma non siamo allenati a riconoscerla. Gli eventi catturano la nostra attenzione oscurando il "sempre-presente", non siamo abituati a percepire quello che ci succede nella totalità in cui difficile  e meraviglioso si equivalgono. Soffriamo di dicotomia e vuoto. Eppure bastano pochi istanti in ogni giornata per allenarsi alla vibrazione della vita. Non c'è nulla da fare perché nulla è più gratuito della bellezza sempre presente. Ad ognuno di noi capita ogni giorno qualche istante di meraviglia: un cibo buono, un sussurro del corpo, un tramonto, un suono. Tutti questi elementi sono il cuore del fatto difficile, del problema che ci assilla. Questi momenti di ascolto aprono a ciò che c'è, ma non siamo allenati, li crediamo inutili, romanticherie superflue ed invece sono il battito del vivere che si manifesta portando a galla ciò che non è se stesso. Siamo saturi di tragedie, di complicazioni, a tal punto da non saper più riconoscere l'esistente, l'ordinario. Eppure basta così poco. L'attenzione quotidiana e costante a ciò che naturalmente si presenta svuota il corpo dalle sue pretese e ci trasforma senza che ce ne accorgiamo. La vita comincia a vibrare, a ritrovare la sua "ordinarietà". In fondo siamo qui per uno scopo che non potremmo mai comprendere ed è più semplice starci in unione amorosa con il mistero di vivere.

giovedì 1 gennaio 2015

Corpo di gioia




Où que vous alliez, répandez l'amour. Commencez par votre maison : aimez vos enfants, votre épouse ou votre époux, vos voisins...Que nul jamais ne vous approche sans repartir plus heureux.
Mère Teresa

Dovunque voi andiate spandete amore. Cominciate dalla vostra casa: amate i vostri figli, la vostra sposa o sposo, i vostri vicini.... Che niente vi avvicini senza ripartire più felice.
Madre Teresa



Dove comincia il corpo, dove finisce? Corrisponde all'immagine mentale che ne 

ho, oppure è diverso? Di cosa è costituito? Qual'è il suo confine? Non so 

rispondere a tutte le domande, l'unica risposta certa viene da dentro, da un

 sentire intimo e vasto prodotto dalla percezione fisica che nasce dalla 

profondità. Io credo che il corpo sia gioia, la sua forma indissolubile, costante, 

infinita, è la gioia. Questo sentimento non corrisponde all'euforia quanto piuttosto

 ad un intimità cosciente che appare qualche volta durante gli atti d'amore privi

di paura. Non è una gioia monocorde che rotola in sé stessa restando

auto-referenziale, è piuttosto un diapason al quale si accordano gli eventi della

vita e le emozioni che li accompagnano. Il corpo di gioia non è esclusivo, ma

 inclusivo, questo è ciò che permette che il dolore percepito da un altro essere

 umano venga riconosciuto. Aggiungerei che senza il riferimento a questo

 diapason nessun emozione può essere veramente percepita, noi esseri umani,

 impariamo grazie a dei riferimenti, ciò significa che una variabile diversa dello 

stessa “onda” viene accolta grazie ad un materiale già presente che

 permette l'identificazione. In parole semplici, si può dire che la gioia è una sorta

 di cartina tornasole per tutte le altre emozioni prodotte nel corpo, essa è

 presente nel dolore, nella rabbia, nella paura, è la base profondissima e segreta

 racchiusa in ogni manifestazione emotiva. Con la parola “segreta” non intendo

 parlare di nulla di inarrivabile, quanto piuttosto di un'esperienza che

ha bisogno di essere ben esplorata per poter essere compresa e portata nella

 vita di tutti i giorni. A cosa serve la gioia? Fondamentalmente a nulla. È l'esistere

 che si manifesta. Esplorare la fonte porta con sé un grande vantaggio. Nel 

momento in cui si è sperimentato profondamente che ogni emozione dolorosa

 riconduce alla gioia, allora accade che difronte ad un altro essere umano non si

 ha più bisogno di difendersi e neppure di fronte a se stessi. Abbiamo spesso

 paura delle emozioni degli altri perché sono un riflesso delle nostre parti 

inesplorate, parliamo di “energie negative” o di essere invasi, oppure abbiamo

 una reale sensazione fisica di stanchezza a contatto di chi attraversa qualcosa 

di difficile. La liberazione accade quando non vi è più alcun dubbio sulla gioia, 

essa è presente, come una realtà indiscutibile quanto ordinaria. A quel punto

qualsiasi emozione personale, o di altri, diventa un suono che si accorda al

 diapason profondo del corpo. Come si può temere il dolore, la rabbia, la paura

 quando si è sperimentato che sono emanazioni prodotte dalla gioia ? Quando si 

è scoperto che la musica è un insieme di suoni infinitamente composti che 

sempre parlano del silenzio?