domenica 18 novembre 2012

La paura delle emozioni











Qualche volta può accadere che alla fine di una costellazione si percepiscano in sé delle emozioni sgradevoli, sopratutto se si è interpretato un ruolo forte. C'è spesso un senso d'inquietudine di fronte all'emozione che invade il corpo e di cui non si capisce il confine. Ci si chiede: " appartiene a me o all'altro? E' un emozione negativa? Mi può danneggiare"?  Comincerei con il dire che non esistono emozioni o energie negative, tutto appartiene al campo dell'energia, che non ha in sé alcuna divisione tra bene e male. Se esistesse veramente una tale divisione andrebbe perduta la forza stessa delle costellazioni che si basano sull'apertura a tutto ciò che si presenta. Questo significa che il principio fondamentale del lavoro costellativo è la presenza e l'assenza di giudizio. Ogni cosa che viene alla luce è benvenuta se sono capace di essere presente, ma spesso accade che un non so che d'indefinito faccia scattare le difese ed i pensieri. Ecco apparire il giudizio, ovvero ciò che divide tra bene e male. Il movimento del cuore, o per dirlo con le parole di Hellinger, il movimento dell'anima, si blocca. Cosa accade quando giudico? Succede che le informazioni che provengono dalla mia storia personale prendono il sopravvento sul nuovo, su ciò che l'anima rivela. E' molto interessante, se ne siamo capaci, fermarsi ad ascoltare l'emozione sgradevole di cui ci si vorrebbe liberare, essa infatti evidenzia il limite che in quel momento mi appartiene. Ed allora perché qualche volta si propongono dei piccoli rituali per alleggerire le emozioni? Semplicemente perché ci vuole molta forza ed umiltà per stare in contatto con il proprio confine, è una maturità che si raggiunge per gradi, il rituale serve per calmare la mente, per ritornare presenti, in questo modo esso sposta nel tempo il miracolo della consapevolezza, momento di grazia in cui l'energia imprigionata nell'emozione può ridiventare coscienza. L'emozione che credevo potesse inquinare il mio esistere ritorna nello spazio da cui è nata. Se ho il coraggio di seguirla fino al suo svanire mi renderò conto di un'altra cosa: ogni emozione è una porta verso l'integrità e l'autonomia. Essere una sola cosa con ciò che si presenta è il mezzo regale per tornare alla totalità della propria umanità in cui nulla è diviso in cattivo e buono, ma in cui ogni elemento partecipa al gioco del vivere. E come dice Eric Baret: " Jouer dans le sens profond est l'essentiel, parce que le jeu est d'etre sans but, on se rend compte qu'il n'y a rien d'autre que la beauté dans la vie" Giocare, nel senso profondo del termine, è l'essenziale, perché il gioco è senza scopo, ci si rende conto che non c'è niente altro che la bellezza nella vita.



lunedì 3 settembre 2012

Cosa accade durante una seduta?


foto di manuel Cafini - Movimento


Cosa accade  durante una seduta e quali caratteristiche deve avere chi lavora nella relazione d'aiuto? Preparazione tecnica? Empatia? Capacità di non confondersi con la problematica dell'altro?

Saper ascoltare ed intervenire in ugual misura? Ciò che sto scoprendo  è qualcosa che non mi aspettavo e che mi lascia piacevolmente sorpresa. Nella  mia professione ho cominciato condividendo il  sapere, fresca di master post- universitario  ho scandagliato per anni con una specie di "microscopio mentale" l'inconscio di chi mi stava davanti, generalmente individuavo velocemente il" virus".. ma con il tempo ho scoperto che nonostante tutti i miei studi e la mia acutezza, l'agente patogeno continuava indisturbato a volteggiare nell'inconscio di chi osservavo, anzi, spesso il virus diventava più forte per il solo fatto di essere stato osservato. Era un po' come scoprire un virus molto narciso che come un primo attore diventava più forte quando si parlava di lui, ogni discorso diventava un applauso a cui lui s'inchinava gongolando. Ho creduto allora di aver sbagliato mestiere, ho pensato di non essere capace, mi sono  tolta dalle scene e per anni ho fatto tutt'altro per vivere. Nel tempo libero  esploravo quella strana cosa che è un essere umano attraverso altri modi, apparentemente lontani dal microscopio occidentale. Lentamente, a forza di curiosare, esplorare, toccare me stessa e l'altro, ho percepito che una sorta di "densità" mi permetteva di tornare a fare il mio mestiere. Il virus non era più qualcosa di esterno, su cui mirare e fare fuoco, era un elemento, neppure tanto importante, della meravigliosa interezza di chi avevo di fronte e di  me stessa. Ho cominciato allora a lavorare condividendo l'esperienza, cioè quel qualcosa di solido, ma non ben definito, che permette all'azione giusta di presentarsi da sola. Nel setting il virus appariva volteggiando sullo sfondo come una comparsa e non più come primo attore. Era l'integrità dell'altro a dirmi cosa fare, il "paziente" era già sano, non era mai stato "malato", ma aveva bisogno di uno specchio neutro, di qualcosa o qualcuno che non si facesse sedurre dal virus, ma che sapesse danzare con lui. Ero sorpresa da chi incontravo e trovavo ogni problematica misteriosa nella sua manifestazione, una sorta di problema auto- risolto, una perfezione imperfetta, una tensione verso l'evoluzione naturale di se stessi. Ed in questa modalità, che continua tutt'ora, si sta insinuando un altro elemento che mai avrei sospettato: la vulnerabilità. Esiste un momento in cui qualcosa di noi stessi  sfonda una porta, qualcosa cede e si accetta di toccare e di essere toccati. Si sente di partecipare a quel qualcosa che appartiene al fondamento di un essere umano, si è attraversati  dalla propria, e dall'altrui emozione, per essere più precisi si potrebbe dire che si entra in vibrazione con ciò che  è all'origine di qualsiasi emozione, e con una grande umiltà si dice si al movimento delle cose, ci si accorge cioè che l'unica guarigione possibile è abbandonarsi, lasciarsi attraversare, cambiare, divorare, dal movimento del presente.
Cosa c'entra questo con la relazione d'aiuto e la professionalità? C'entra nella misura in cui io non intervengo più giustificata dal mio ruolo di professionista, a inquinare, confondere, mitigare, un movimento che è molto vasto e che di certo la sa più lunga di me e delle mie tecniche. C'entra nella misura in cui la seduta diviene un luogo dedito all'ascolto ed alla creazione impersonale, un luogo in cui gli agenti patogeni fanno sorridere perché ci si accorge che c'è una grande corrente e se chiedete al movimento cosa sono i virus non sa cosa rispondere perché non li conosce.



mercoledì 25 luglio 2012

Ancora acqua: l'oceano.



C. Pezzillo Le mie forme gioiose



"Scusa" disse un pesce dell'oceano ad un altro, " tu sei più vecchio e più esperto di me e probabilmente mi puoi aiutare; dimmi dove posso trovare quella cosa che chiamano oceano?"  "L'oceano" disse il vecchio pesce, " è quello in cui stai nuotando adesso." " Oh questo? Ma è solo acqua. Quello che sto cercando è l'Oceano" disse il pesciolino e, deluso, nuotò via per cercare altrove.
A. De Mello

Buone vacanze a tutti!!!

lunedì 28 maggio 2012

Costellazioni familiari - Vedere l'altro

C'è un elemento fondamentale nel movimento delle costellazioni, è il vedere l'altro.
Quando all'interno di tale dinamica si vede improvvisamente l'altro, si può contattare l'amore sepolto dietro le convinzioni e le abitudini della storia famigliare.
Attraverso il vedere si riconosce la propria unicità  e quella di chi è in relazione con noi.
Spesso il riconoscimento dell'altro, sia esso genitore, marito o figlio, è oscurato da un'emozione tanto basilare quanto frequente: la colpa
Riconoscendo non si ha più bisogno di espiare una presunta colpa, anzi, si scopre che è proprio l'espiazione che  impedisce di esporsi alla relazione.
Ci si fa  opprimere dal peso dell'espiazione solo se si perde di vista l'altro, ma se lo si vede si è costretti a riconoscere che espiare è l'esatto opposto dell'essere in relazione.
Anche nel caso in cui ci sia stata una reale mancanza da parte di una persona, il vedere comporta un movimento spontaneo verso la riconciliazione.
La colpa sulla terra passa.. il movimento della vita la contiene solo per poco, giusto il tempo per comprendere che essa non è l'essenziale. Attraverso la grazia e la semplicità dei movimenti provocati dal campo morfogenetico, ritroviamo l'essenziale. Si riconosce finalmente la persona che era oscurata dietro all'emozioni, dietro ai fatti accaduti che hanno lasciato un'impronta nella memoria genetica. Vedere  apre all'essenziale e a tutti quei movimenti intermedi che essenziali non sono. Non c'è sforzo, neppure dramma, c'è il vedere con la  liberazione d'energia che ciò comporta.

martedì 24 aprile 2012

l'infelicità rende morali





foto di Sylvaine Vaucher

Ridere.

C'è un punto, un momento dolcissimo in cui qualcosa di noi cede, il corpo, meravigliosa energia,  riprende il suo posto regale. Non è un solo istante, non è un passaggio definitivo che ci rende salvi  senza ritorno, è un andare e venire, un'altalena ai cui estremi dondolano le idee su  noi stessi e sul mondo, immagini che giocano con noi, alleati provocanti che ci conducono verso l'essenza. Colpa, dovere, sono gli occupanti delle estremità, al centro dell'equilibrio la coscienza  agisce nel presente, nel piacere.
Cosa accade quando l'altalena si ferma ? Cosa accade quando l'equilibrio permette agli occupanti delle estremità di scendere dal sedile? Succede qualcosa di meraviglioso, ci si accorge che ci sono tantissime altre persone intorno, che ci sono altri giochi che posso sperimentare... e si ride.. il re esprime se stesso, il corpo si siede sul trono dell'esistere. Ridere, lasciarsi attraversare dalla gioia in vibrazione che siamo, è essere adulti! Non lo sapevo, non l'avevo veramente capito, credevo che diventare grandi fosse essere sommersi dalle responsabilità, mi pareva sano il senso di colpa di non riuscire a fare tutto. Quasi godevo nella sensazione di restare in situazioni affettive prive di vita, ma rassicuranti.. poi una risata che non ha fine, che continua anche se non rido più. E' qualcosa  al fondo dell'essere che  si manifesta per onde di risonanza e intensità. C' è una grande umiltà perché mentre rido mi accorgo che non ci ho capito proprio nulla.. ma è così dolce esistere.. e la dolcezza è un miele più profumato del sapere..


Attenzione nuovo indirizzo: lecostellazionifamiliari.altervista.org 




martedì 3 aprile 2012

Costellazioni / Prendere la madre



foto Marco Fazzolli



“Si può guarire solo ciò che si può sentire.
E. Pizzi



Cosa vuol dire “prendere la madre”?
Cosa s'intende nelle costellazioni familiari con questa frase?
Cosa comporta nella nostra vita avere o meno una relazione fluida con la madre?

Per capire bene ciò di cui stiamo parlando dobbiamo considerare un bambino appena nato. Esiste in lui una forza di vita che lo porta a succhiare il seno materno, è il primo istinto di “autoderminazione,” è un impulso vitale fortissimo. La capacità di succhiare il latte, di deglutirlo, di calmare la fame, è un movimento che lascia una traccia profonda nell'essere umano. Il movimento delle mandibole, della lingua, dell'intero corpo del neonato, è qualcosa di viscerale che determina la sua vita. Immaginiamo che l'atto del succhiare sia per qualche motivo  difficile a causa di una malattia della mamma, un problema nel parto, una difficoltà neonatale. L'istinto del succhiare non sorge, o se c'è, viene vissuto nella difficoltà. Si crea una prima forma d'isolamento. Il nutrimento diventa qualcosa di staccato, che comporta una complicazione. Ecco la prima importante sovrastuttura che impedisce di “prendere la madre”, di attivare in se stessi una partecipazione attiva, gratificante, verso l'esistenza. Da questo momento possono susseguirsi una lunga serie di piccoli “incidenti” che allontanano il bambino dal piacere di essere visto e nutrito. In altri termini si crea un muro tra l'essere umano e la normalità di ricevere e donare accudimento e piacere. La volontà di osare si richiude sempre più dentro, lo scambio diventa esiguo e stentato. Da adulti ci si ritrova con dei problemi apparentemente senza causa che complicano la vita. Un senso di aridità materiale ed emotivo s'instaura, allora cominciamo a fare della terapia e nel nostro percorso puo' darsi che incontriamo il metodo di Bert Hellinger. Le costellazioni non sono migliori di altri sistemi, ma se esiste un' affinità con questo metodo, il cambiamento è veloce. Esattamente come in altre tecniche ci si riconnette con quel punto della vita in cui il flusso si è interrotto. Non sempre la causa è individuabile, ma ciò che diventa evidente è il sentire. Tutto ciò che è nascosto e non detto viene alla luce. Inizia il processo della guarigione, riconosco e mi lascio attraversare da quella marea di emozioni e ostacoli che mi hanno impedito di vivere. Vado con il movimento, lascio fare ad un flusso che attraversa la ragione e nello stesso tempo la supera. Dopo la costellazione mi accorgo che piccole cose cambiano nella vita, la semplice presa di coscienza del mio reale sentire, ha mosso il quotidiano. Stiamo riaprendo la porta alla madre, alla corrente benefica che proviene dalla riconciliazione profonda con la persona fisica ed il suo archetipo. Si apprende a lasciar fare, a riconoscere il lascito che non ci appartiene e quello che invece è nostro per nascita. Si restituiscono alla persona fisica le emozioni, il destino e le credenze che le appartengono, e  ci riappropriamo dell'unica eredità a cui abbiamo diritto: la vita.







martedì 27 marzo 2012

La traiettoria della felicità






Ci hanno insegnato che la felicità è diritta, una linea precisa che arriva al centro

dell'obbiettivo e ripaga della fatica. Viviamo seguendo impulsi, azioni e mete, la


felicità ci appare come un dopo, un domani, un "quando avrò realizzato". La casa

che verrà finalmente acquistata, il figlio nato, il matrimonio, il successo 


professionale, il centro è davanti a noi, meta spostata, erronea, ironica. Nel nostro

  

andare non ci accorgiamo che abbiamo spostato la felicità fuori di noi, ma  non è il

 

bersaglio che ci farà gioire, è  il desiderio che muove il  corpo che dà gioia,

 

adesso, non dopo. Essere felici ora, vuol dire riconoscere l'obbiettivo per quello che

 

è: un guscio vuoto in cui proietto la pienezza che già mi abita. Se osservo ciò che

 

accade  quando sono profondamente rilassata, mi accorgo che il movimento è nel

 

corpo,  una specie di  euforia, un'intensità, un godimento disteso che si propaga a 


onde nell'istante.. non ho bisogno di nulla.. sono  nella pienezza. Normalmente, se

 

non ho una vita allenata al sentire, tale pace accade raramente, magari succede 


dopo sedute di yoga e meditazione o negli incontri d'amore appaganti, ma ecco che


quando usciamo dallo stato di grazia  arriva una contrazione che quasi sempre è 

accompagnata ad un' immagine. Se osservo attentamente noto che la visione che

 

contrae il corpo nasce dal  cervello, vedo la macchina che vorrei comperare, il 


viaggio che vorrei fare, la situazione che vorrei risolvere  e così via. Il desiderio 


diventa stimolo all'azione che contrae il corpo verso l'obbiettivo. In genere, in quei

 

momenti, tutto il mio passato urla a gran voce che raggiunta la meta sarò finalmente

 

in pace, di più: sarò ripagata dai miei sforzi e dalle ingiustizie subite.. finalmente

 

potrò far vedere quanto valgo, potrò avere ciò che la vita non mi ha mai donato.

 

Ognuno ha  il suo triste rosario personale fatto di grani quotidiani ingrigiti

 

dall'assenza del dopo..desiderare non è mai ora.. chi sono "io" per essere sorgente e

 

meta del desiderio? Non c'è in me così tanto, perciò meglio cantare il rosario del

 

nulla, ogni 10 preghiere guadagno un punto... 100 punti compro  la meta.. e 


ricomincio da capo! Dunque ciò che crea la confusione è il desiderio: desiderare un 


obbiettivo, non è essere il desiderio, nel primo caso nego la vibrazione stessa del 


desiderare, nel secondo mi abbandono ad essa. La prospettiva è completamente

 

ribaltata, la freccia già scoccata verso il dopo si piega nell'aria e ritorna


indietro,entra nel cuore e grida:"centro",  il corpo irradia  l'istante. 


Ogni cosa è adesso, in armonia con ciò che è possibile e con ciò che pone dei limiti. 


Non conduco il gioco, sono il gioco, non ho la pretesa di dettare delle regole e di 


sapere come deve andare a finire, semplicemente vivo.. e  forse per un istante i miei


 muscoli sono quelli della bambina  che gioca a nascondino, l'euforia di uscire dal 


nascondiglio e correre per "liberare tutti"..la gioia è uguale, perché la traiettoria 


della felicità  non ha un dopo e non ha un prima.. è battere la mano sul


 legno gridando: "ora".. il nascondiglio non serve più.







mercoledì 15 febbraio 2012


E' la sete ad insegnare l'acqua

E. Dikinson








Benvenuto in questo spazio dedicato a chi segue la corrente della propria ispirazione, a chi ha il coraggio di abbandonarsi al flusso delle cose, a chi ha perduto la mappa, ma ha trovato la strada, a chi è capace di restare immobile e stagnante, unica cosa con la pietra che ostacola la via, e  poi di nuovo scorre, senza traccia del granito vissuto. Un blog che  parla di crescita personale, di pedagogia, di individuo e psicologia, cercando di stare nella corrente,  giocando con l'acqua, perché il mondo è soprattutto liquido, abitato da esseri, elementi e cose, che hanno in comune il fatto di essere solo apparentemente solidi. Nei corpi  l'acqua fa da padrona, siamo abitati da elementi fluidi. Tante culture associano il fluire interno alle emozioni, a volte ne siamo travolti, diventiamo tsnumani in azione, a volte scorriamo come ruscelli d'alta quota. Che sia mare grosso o sorgente, la cosa che conta è che entrambe le manifestazioni sono infine acqua.. solo acqua, cioè l'elemento da cui ha origine ogni cosa e senza la quale la vita sulla terra non sarebbe possibile. Un sito dunque dedicato all'essere umano e alla forma originaria dell'acqua che lo abita: la vita  e le sue manifestazioni. Essendo tutto ciò scritto da una professionista che da 20 anni si occupa  di accompagnare se stessa ed altri nella corrente, ciò che viene presentato avrà il taglio, a volte limitato, altre volte originale, di chi si occupa degli esseri umani per mestiere. Non c'è nessun desiderio di proporre teorie, insegnare saperi, o guarire complessi schemi psichici, ciò che viene proposto passa attraverso il corpo.  Si cerca di fare in modo che qualsiasi lavoro proposto  venga elaborato dalle "cellule", dal nucleo dell'essere che si esprime attraverso il sentire. Non si cercano soluzioni, si attraversano gli strati di terra e sabbia, si risvegliano le intuizioni spontanee che guidano verso la visione di ciò che ostacola il fluire. Si lascia fare al fluire stesso, porta di ogni gioia. Si apprende a rilassarsi in ciò che è, ci si lascia  sorprendere dalla corrente, si scopre  che la natura di qualsiasi avvenimento, spigoloso o leggero, è vita  che scorre.. e il piacere di nuotare, infine,  accade.

...

E l’acqua
a onde muore
non muore mai
e muore
non muore mai
e muore
mentre immensa
fa il mare. 

Roberto Piumini